Amnesty International, il Movimento globale di persone che hanno a cuore i diritti umani, ha sollevato il 14 gennaio 2022, i primi ma, a nostro giudizio, significativi dubbi sulle misure adottate dall’esecutivo verso una minoranza di cittadini che non ha aderito alla campagna vaccinale e che, per tale ragione, si trova oggi in condizioni di discriminazione e di limitazione dei diritti essenziali, specialmente a seguito dell’introduzione del green pass, su cui l’organizzazione internazionale focalizza la propria mission.

Il tema non è nuovo all’interno di Amnesty International ed è inserito all’interno di un dibattito globale su appropriatezza, efficacia e adeguatezza rispetto agli standard di diritti umani in molti stati[1].

L’organizzazione, che si batte affinché ogni persona possa godere dei diritti sanciti nella dichiarazione universale dei diritti umani e negli altri standard internazionali sui diritti umani, pur sostenendo la necessità dell’accesso universale ai vaccini e della non secondaria necessità che questa sia accompagnata da informazioni accurate, tempestive e accessibili, invita a una riflessione in merito ai concetti di “stato di emergenza” e “obbligatorietà”. Sulla proroga dello stato di emergenza, Amnesty suggerisce una riflessione in merito alla sua eventualità oltre il 31 marzo 2022, sottolineando come essa debba attenersi ai principi di necessità, temporaneità e proporzionalità. Sulla obbligatorietà vaccinale, Amnesty sostiene che essa debba porsi come:

necessaria e proporzionata a uno scopo legittimo legato alla protezione della salute pubblica, e fornisca garanzie e meccanismi di monitoraggio per assicurare che questi requisiti non si traducano in violazioni dei diritti umani…

Concludendo come essa:

… Deve anche essere accompagnata da una logica basata sull’evidenza che spieghi perché l’obiettivo non possa essere raggiunto con misure meno restrittive.

Pur comprendendo la straordinarietà del periodo storico che stiamo vivendo, non possiamo non notare – come abbiamo avuto modo di scrivere lo scorso ottobre in merito alle considerazioni sugli impatti che la politica sanitaria avrebbe potuto produrre sul dono (vedi) – il silenzio diffuso del Terzo settore sulle tensioni sociali, frutto di scelte politiche di questo esecutivo e presenti nel nostro Paese. Questa scelta da parte di organizzazioni tradizionalmente vocate ad affermare l’ampliamento della sfera dei diritti di tutti, appare ai nostri occhi indecifrabile, soprattutto ove essa sia rapportata agli obiettivi di integrità e dignità del singolo, non meno della comunità, che il Terzo settore si propone istituzionalmente di tutelare e promuovere.

Accogliamo dunque le riflessioni di Amnesty con spirito molto positivo e come primo autorevole segnale della volontà di ripristinare la tutela dei diritti umani di tutti i cittadini. Questo tema ci appare prioritario, in un contesto in cui l’accezione “restiamo umani”, anche verso le minoranze che esprimono la propria differenza rispetto alle scelte del governo, ha perso gran parte del suo significato. Ed è a nostro avviso importante che una organizzazione dalla dimensione internazionale sia in grado di portare l’attenzione sui diritti umani di tutti, in un contesto in cui il Terzo settore ha ancora bisogno di mostrare la propria posizione pubblica.

Rinviamo all’articolo complessivo al presente link.

[1] La recente posizione espressa da Amnesty nei confronti della Tunisia, sostiene che alcune delle misure prese dal governo di questo paese per piegare la curva della pandemia siano in espressa violazione dei diritti umani fondamentali (libertà di movimento, diritto al lavoro, diritto di manifestazione).

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Post a doppia firma
Elena Zanella, consulente, formatore, autore ed editore per il sociale
Maria Cristina Antonucci, ricercatore CNR e docente di comunicazione e politica Università La Sapienza 

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