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Le sponsorizzazioni, una delle fonti di finanziamento principali delle organizzazioni nonprofit, spesso generano un po’ di confusione sul loro corretto inquadramento. Prima ancora di analizzare gli aspetti fiscali, è opportuno prima inquadrare il tema anche dal punto di vista civilistico per averne un quadro completo ed esauriente. E oggi faremo proprio questo grazie all’intervento è di Sergio Conte, esperto di enti nonprofit e docente del modulo di fiscalità per il fundraising a Startup Fundraising, il corso intensivo al fundraising integrato della Fundraising Academy.

Buona lettura.

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Il contratto di sponsorizzazione può essere definito come contratto in base al quale una parte, detta sponsor (generalmente un’impresa), si obbliga ad una prestazione pecuniaria o all’attribuzione di una cosa nei confronti di un’altra parte, detta sponsee o sponsorizzato (organizzazione non profit), la quale si obbliga a divulgare il nome o il marchio dello sponsor nelle varie manifestazioni della propria attività. Pertanto, in via generale può definirsi come un negozio giuridico a titolo oneroso (non essendo ipotizzabile un contratto di sponsorizzazione gratuita) e a prestazioni corrispettive (rapporto sinallagmatico), di conseguenza non può mai essere confuso con le erogazioni liberali, che al contrario sono somme di denaro o beni che un’impresa, spinta da motivazioni filantropiche, elargisce senza richiedere alcuna controprestazione, al massimo un semplice pubblico ringraziamento (ad esempio: “si ringrazia l’impresa XY …”, senza l’apposizione del logo aziendale!).

Sotto il profilo strettamente civilistico il contratto di sponsorizzazione, al pari di ogni altro contratto di pubblicità, è un contratto atipico, in quanto esso non trova un’espressa disciplina nella legge. Ne consegue che alla sponsorizzazione si applica la disciplina generale del contratto (articoli 1321-1469 del Codice Civile).

Per la stipula del contratto di sponsorizzazione non è richiesto l’utilizzo di una forma particolare, tuttavia è opportuno (soprattutto per importi più consistenti) che lo stesso venga formalizzato mediante scrittura privata, di regola non autenticata. La forma scritta, infatti, garantisce non solo maggiore chiarezza nei rapporti tra le parti, ma appare opportuna ai fini probatori anche per quanto attiene ai profili fiscali.

Le principali tipologie di contratti di sponsorizzazione che un’organizzazione può stipulare sono:

  • Sponsorizzazione “pura”, in cui lo sponsor si impegna semplicemente ad erogare una somma di denaro al fine di finanziare le attività dell’ente non profit;
  • Sponsorizzazione “tecnica”, che consiste nella fornitura allo sponsee di beni o prestazioni di servizi strettamente inerenti allo svolgimento dell’attività oppure necessari per la realizzazione di un determinato evento;
  • Sponsorizzazione “mista”, ovvero una combinazione delle due tipologie suindicate.

Ad oggi, anche se in calo rispetto al passato, il settore che più fa uso dei contratti di sponsorizzazione è quello sportivo. Comunque, anche il settore degli eventi legati al mondo culturale, musicale e il settore pubblico-sociale ne fanno ampio uso. Un mercato in crescita è quello della sponsorizzazione a favore della Pubblica Amministrazione, soprattutto per quanto concerne il finanziamento di opere di manutenzione e valorizzazione di beni culturali.

Lo scenario fiscale

Come accennato più sopra, la sponsorizzazione è un contratto a prestazioni corrispettive (do ut des), pertanto le somme che un’organizzazione riceve dallo sponsor costituiscono sempre proventi rientranti nell’ambito delle attività commerciali, tanto ai fini delle imposte dirette (Ires) quanto ai fini Iva e quindi sono soggette a tassazione e a tutti gli adempimenti di natura fiscale (emissione della fattura, tenuta delle scritture contabili, dichiarazione dei redditi, ecc.), sulla base del regime scelto dall’ente sponsorizzato (attualmente, in attesa della Riforma: regime ordinario, contabilità semplificata, regime forfetario ex legge n. 398/1991).

Un caso particolare è quello della sponsorizzazione “tecnica”, in cui lo sponsor non eroga denaro ma beni o servizi: in questa fattispecie, ai sensi dell’art. 11 Dpr 633/72 (Testo Unico in materia di Iva), si configura un’operazione di carattere permutativo, da cui deriva che sia lo sponsor che lo sponsee sono tenuti ad emettere fattura indicando il valore normale (prezzo o corrispettivo mediamente praticato) dei beni e/o servizi oggetto di scambio.

Novità importante introdotta dalla Riforma del Terzo Settore:

le entrate da sponsorizzazione non saranno conteggiate ai fini della perdita della qualifica di ente non commerciale!

Spostando ora la nostra analisi sull’impresa sponsor, il trattamento fiscale delle sponsorizzazioni da sempre costituisce un tema particolarmente complesso e dibattuto, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza; il cuore della questione è rappresentato dalla qualificazione delle spese di sponsorizzazione in termini di spese di pubblicità e propaganda o di rappresentanza.

L’inquadramento nell’una o nell’altra tipologia riveste un rilievo pratico decisivo:

infatti, ai fini delle imposte dirette (Irpef, Ires) le spese di pubblicità e propaganda sono interamente deducibili, e l’Iva relativa a tali spese è integralmente detraibile; al contrario, per le spese di rappresentanza il legislatore fiscale ha previsto un regime di limitata deducibilità (imposte dirette) e un divieto di detraibilità ai fini Iva.

Su tale questione negli ultimi anni, a seguito di alcuni documenti di prassi dell’Amministrazione Finanziaria e di numerose sentenze della Cassazione, si è andato affermando il seguente orientamento: mentre le spese di rappresentanza non sono finalizzate a incrementare l’attività commerciale ma a diffondere tra il pubblico il nome e/o il marchio della società, quelle di pubblicità o propaganda, invece, sono sostenute per determinare un incremento delle vendite, attraverso l’acquisizione di nuova clientela o l’incremento delle vendite verso la clientela già esistente.

Alla luce di tali principi, ai fini della piena deducibilità/detraibilità delle spese relative a un contratto di sponsorizzazione, il contribuente (azienda sponsor) ha l’onere di dimostrare la congruità dei costi di sponsorizzazione in rapporto al suo core business ed al suo volume d’affari e l’inerenza delle spese in termini di concreto vantaggio che l’impresa avrebbe ritratto in termini di allargamento della clientela e di incremento dei ricavi. In mancanza di tutto ciò, le spese di sponsorizzazione saranno considerate spese di rappresentanza.

Una precisazione:

tale problematica non coinvolge le sponsorizzazioni a favore delle associazioni sportive dilettantistiche, che per espressa previsione di legge (art. 90 co. 8 Legge n, 289/2002), beneficiano di un trattamento privilegiato, ovvero, fino ad un importo annuo non superiore a 200mila euro, sono sempre considerate spese di pubblicità, quindi integralmente deducibili/detraibili.

Un’ultima considerazione in materia di imposta di registro: trattandosi di un contratto che viene generalmente stipulato tra “soggetti Iva”, il contratto di sponsorizzazione deve essere registrato solo in “caso d’uso”, ovvero in caso di deposito per essere acquisito agli atti presso le cancellerie giudiziarie (ad esempio, in caso di decreto ingiuntivo ai fini del riconoscimento di un credito) o le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito non sia imposto dalle suddette amministrazioni.

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Sergio ConteGuest post. Txs to Sergio Conte. Laureato in Economia e Commercio, con una tesi dal titolo “Terzo Settore: aspetti operativo-finanziari e fundraising”. Ha ricoperto numerosi incarichi, sia come volontario e sia come membro del Consiglio Direttivo, in diverse associazioni di volontariato e sportive dilettantistiche. Dal 2016 è consigliere regionale Lazio del Centro Sportivo Italiano. La grande passione per il Terzo Settore si è trasformata in lavoro, infatti dal 2004 collaboro con lo Studio di Consulenza Enti Non Profit del prof. Vincenzo Pisacreta, occupandosi in particolare di bilancio sociale, fiscalità, consulenza e supporto all’organizzazione di eventi e campagne di fundraising. Sergio Conte è docente della Fundraising Academy.

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